Dicembre 2009

La bomba del 12 dicembre del '69? A Milano, a piazza Fontana?

No, veramente non mi ricordo, non c’ero, non ero neanche nato.

40 anni. Quarant'anni da quel 12 dicembre 1969 in cui una bomba fece tremare Piazza Fontana a Milano. Quarant'anni dal quel 15 dicembre in cui Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico, fu spinto alle spalle da una forza di gravità che lo fece precipitare dal quarto piano della questura di Milano.
Bombe, vittime casuali, voli dalle finestre, rimasti senza una spiegazione, senza condanne, senza colpevoli. E il presunto colpevole era allora, è stato per 40 anni, ed è ancora oggi così forte e legittimato da poter opporre se stesso alla sua condanna....
STRAGE DI STATO. Così si disse, senza smentita. Ma nemmeno senza attendersi giustizia, da chi la giustizia la amministra e le condanne - anche a morte - le fa eseguire nell'ombra.
Strage di Stato, allora. Per fermare le lotte operaie, le lotte studentesche, per diffondere il terrore, per prevenire una trasformazione sociale che appariva riluttante a farsi incanalare nell'alveo delle istituzioni borghesi. Contro una temuta rottura rivoluzionaria, fu strage di Stato come rottura preventiva dei rapporti di forza tra le classi.
La strategia della tensione, la si definì.
Cominciò così la cultura dell'emergenza, che ci accompagna da allora, passando per le varie stagioni degli opposti estremismi, del terrorismo e degli anni di piombo, del pentitismo e della repressione che nel XXI secolo si fa spettacolo.
Ogni dissenso è criminalizzabile; definita come terrorista ogni opposizione sociale che esprima critiche alle politiche delle istituzioni statuali e capitaliste, dei sindacati che si fanno complici e dei media asserviti.
Cominciò la cultura del non ricordo, con cui i fedeli servitori dello Stato si sono sottratti in questi 40 anni a rispondere delle loro responsabilità, fino a Genova 2001, fino alla recente morte di Stefano Cucchi, fino alle prossime amnesie.
Cominciò la cultura del sospetto, nutrita di stragi, tutta orientata a sinistra.
A cominciare dal movimento anarchico.
Una cultura del sospetto infida e liberticida, strumentale alla conservazione degli assetti politico-sociali costituiti.
Una cultura che tendeva e tende a salvare i servizi segreti, i gruppi della destra fascista, facendo ricorso sistematico al segreto di... Stato.
40 anni in cui il neofascismo è stato protetto e nutrito, pronto a schiudersi come l'uovo del serpente di Ingmar Bergman, per riprodurre razzismo e totalitarismo, obbedienza cieca allo Stato ed al capo.
Chi cerca di opporsi non può che essere... sospetto!
Forse è un pericoloso anarchico!!
Non è un caso che oggi il movimento anarchico e tutti i movimenti che esprimono valenze e valori libertari siano oggetto di controlli e di repressione preventiva.
Cominciò così il vuoto collettivo di memoria e la moderna vocazione ad eludere.
Quarant'anni in cui la carica di indignazione e di contestazione si è come stemperata nel rito dei processi senza colpevoli eppure rivelatori delle connivenze e di tutto lo spessore e la gravità del disegno stragista.
Ogni frammento di quella bomba di 40 anni fa, ogni vittima, ci porta all'orrore dell'insieme che abbiamo alle nostre spalle e davanti ai nostri occhi.
Ogni definitivo documento di Stato sulla morte di Pinelli quella sera del 15 dicembre del 1969 ci porta a rinnovare il nostro impegno perchè la memoria mantenga viva la consapevolezza di un'altra verità: quella di una classe operaia e di una generazione rivoluzionaria fatta saltare in aria a Piazza Fontana, fatta volare giù da una finestra di Via Fatebenefratelli.
Sì, ci ricordiamo di quella bomba del 12 dicembre 1969. Di quella di Milano e di quelle di Roma. E di tutte quelle messe nelle piazze e sui treni per oltre 10 anni.
Sì, ci ricordiamo di tutti i proletari uccisi nelle lotte di quegli anni.
Sì, c'eravamo, anche se forse non eravamo ancora nati.
I comunisti anarchici non rimuovono, non dimenticano.

Federazione dei Comunisti Anarchici

… e tu?

Tu, che ignoravi tutto fino al momento in cui ti sei ritrovato a subire un torto, un’ingiustizia.
Che ti sei sentito derubato, usurpato di un diritto, calpestato, violentato nel tuo più profondo intimo, umiliato, raggirato, soggiogato.
Tu, che nel corso della tua ingenua esistenza hai sempre inconsapevolmente subito, hai sempre pagato per i privilegi dei prepotenti, della classe dominante.
Che, prima d’adesso, non ti accorgevi di nulla, non te ne rendevi nemmeno conto.
Certo, non potevi rendertene conto anche perché distratto dal tuo umano egoismo ma, soprattutto, da questa società costruita ad arte appositamente per ingannarti ed illuderti, che ti porta a pensare e a comportarti esattamente come desiderano loro, i burattinai: lo Stato, la chiesa, l’alta finanza, la politica istituzionale.
Si, sono loro i burattinai, così bravi a nascondersi dietro quella maschera della loro falsa democrazia.
E quando tu, un giorno, stanco di subire ancora decidi di reagire, di alzare la testa e incominciare la tua lotta, proprio per questo divieni oggetto della più efferata repressione, della più spregiudicata e disumana violenza da parte di quegli apparati istituzionali (polizia, carabinieri, ecc.) che credevi, invece, ti avrebbero dovuto tutelare, proteggere.
Da loro che, vergognosamente, difendono a denti stretti gli interessi dei potenti, dei loro padroni. E quando questo non basta, perché tu testardo non ti adegui, non vuoi proprio accettare questa loro forma di tirannia, allora ricorrono al loro sporco braccio armato: fascisti e mafiosi.
Adesso tu dimmi, tu che hai preso coscienza di tutto questo, tu che hai finalmente capito da che parte stare, tu… che cosa pensi di fare?
Io di lottare… non smetto mai, e tu?

F.sco63

No alla guerra di Obama.

Obama, martedì 2 dicembre, ha chiesto 30.000 truppe e 30 miliardi di dollari per continuare il genocidio in Afghanistan.
L’uomo, che aveva suscitato tante speranze e che sembrava l’incarnazione dell’“I have a dream” di M. L. King, ha finalmente rivelato il suo vero volto. Anche lui è un degno servo del Big Business targato USA, altro che pacifista.
L’uomo che doveva riportare le truppe a casa, questa volta ha fatto piangere di rabbia e delusione i suoi sostenitori e tutti coloro che si battono contro questa guerra criminale. Una guerra che dura da troppo tempo e che rischia di trasformarsi, non solo in un nuovo Vietnam, ma soprattutto rischia di diventare una guerra “dimenticata” a cui l’umanità finirà per assuefarsi, e contro la quale non si leveranno più voci di protesta.
Infatti, le analogie con il Vietnam riguardano solo la durata del conflitto, perché il mondo questa volta ha preferito chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie.
I movimenti di protesta sono talmente pochi che nemmeno la cronaca militante si degna di registrarli. Le bandiere arcobaleno sono state ammainate sui corpi mutilati e macellati dei morti civili afghani, troppo lontani da noi per suscitare pietà, orrore e rivolta.
Una guerra che non protegge nessuno, fa migliaia di vittime e divora risorse enormi.
Obama, nonostante i servizi segreti americani riportino che attualmente in Afghanistan vi siano meno di un centinaio di attivisti di al Qaeda, vuole spendere una cifra enorme per proteggere il governo corrotto e illegittimo di Karzai. Pur sapendo che inviando più truppe servirà solo ad aumentare il rancore e la rivolta contro i militari occupanti e a spingere gli afghani ad arruolarsi tra i talebani.
Centomila uomini per stanare meno di cento guerriglieri di al Qaeda. E’ semplicemente folle e stupido.
Per non dire del costo abnorme, in un periodo di grave crisi economica. Proviamo ad immaginare cosa si potrebbe fare con 30 miliardi di dollari, quante scuole, quanti ospedali, quante strade, case si potrebbero costruire in quel paese martoriato.
Invece la nazione che non vuole trovare i soldi per garantire l’assistenza sanitaria ai suoi cittadini poveri, non esita a sborsarli per uccidere in nome della democrazia. Osceno! E non esita a chiederli ai suoi alleati, che rispondono con entusiasmo e si dicono subito pronti ad obbedire.
Berlusconi, con l’appoggio del PD risponde 'signorsì' e promette di mandare al fronte mille soldati in più.
Il costo della partecipazione italiana alla guerra in Afghanistan, che negli anni passati era sui 300 milioni di euro l'anno, ha già superato il mezzo miliardo. Il governo che usa la scure per tagliare la spesa sociale, come la soppressione, prevista nell'ultima finanziaria, dei fondi pubblici per la fornitura gratuita dei libri di testo agli alunni meno abbienti della scuola dell'obbligo, non si fa scrupolo di trovarli per farsi bello con il padrone americano.
Il buffone di corte coi suoi aiutanti, La Russa e Frattini e con il consenso di quelli che gli dovrebbero fare l’opposizione, aiuterà L’America imperialista a continuare l’escalation del genocidio per difendere gli interessi
delle multinazionali.
Ciò che eufemisticamente chiamano “guerra al terrorismo”, “missione di pace”, in realtà è la solita , vecchia difesa degli interessi delle classi dominanti, che non sono certo né umanitarie né filantrope.
Il loro scopo storico è quello di rapinare, asservire, alienare, dominare con tutti i mezzi.
Se non si capisce questo, e non si lotta per abbattere il sistema capitalista, prima o poi ci si risveglia per scoprire di vivere in un incubo. Come è successo a migliaia di americani della classe media, che hanno perso tutto quello che il sistema gli offriva per tenerli buoni, convinti di abitare nel migliore dei mondi possibili ed ora si trovano a vivere nelle tende o sotto i ponti.
Hanno imparato in fretta e amaramente.
Obama sta portando avanti il progetto del “New American Century”. Nessuna differenza coi suoi predecessori. La sua amministrazione dice di volere la pace e intanto continua la guerra.
Come ci ha insegnato Clausewitz: “La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi”. E la guerra in Afghanistan , in Iraq non è altro che la continuazione della politica interna.
I nostri governi non fanno altro che ripeterci come un mantra che: “La guerra è pace e la libertà è schiavitù”, di orwelliana memoria.
Eppure i disastri provocati da questo genocidio sono sotto gli occhi di tutti coloro che vogliono vederli. Le condizioni di vita degli afghani sono notevolmente peggiorate, un tuffo nel medioevo; le donne afghane sono ridotte in schiavitù, i bambini muoiono o restano mutilati per le bombe disseminate dai guerrieri umanitari; i talebani si sono ripresi il controllo di interi territori, finanziati dagli stessi eserciti che dovrebbero combatterli; il traffico di eroina prospera come non mai (una dose sul mercato italiano costa appena 10 euro).
Eppure, l’umanità continua a farsi ingannare da governanti senza scrupoli, servi del capitale a cui sacrificano la vita e i sogni di coloro che li hanno eletti, “democraticamente”, certo.
Anche la parola democrazia, che per tanti popoli rappresenta un sogno di libertà, ha ormai assunto un suono osceno in questa società massificata e globalizzata che tritura tutto e il contrario di tutto facendone una poltiglia inguardabile.
Ma l’umanità che non si ribella , non nega il consenso alle classi dirigenti, finisce con l’essere complice dei crimini, perde la sua innocenza.
Dire BASTA al genocidio in Afghanistan e a tutte le guerre che si combattono nel mondo, vuol dire riconquistare una parte di innocenza. Costringere i governi a smetterla di aggredirsi l’un l’altro, in nome degli interessi di pochi camuffati da alti ideali, dovrebbe essere il compito primario di ciascuno di noi. Invitare i soldati a spogliarsi dalle divise o a rivolgere le armi contro chi gli ordina di usarli contro altri poveracci come loro, una missione, questa sì, umanitaria.
Facciamo sentire forte la nostra voce ed uniamoci a tutti coloro che dicono NO ad Obama e a tutti i finti pacifisti come lui.
Andate via dall’Afghanistan e lasciate libero il popolo di decidere della sua sorte. Siamo stanchi delle vostre menzogne, siamo stanchi di seppellire morti, siamo stanchi di voi.

Individualità anarchica siciliana di genere

Tensione e repressione ieri come oggi.

Cade in questo periodo l'anniversario della strage di piazza Fontana, era il lontano 12 dicembre del 1969 quando alle ore 16:37 alla Banca Nazionale dell'Agricoltura scoppiava una bomba provocando il ferimento di 86 persone e la morte di 17.
Questa strage, come altre, non fu una casualità, fu un atto voluto e costruito dalla connivenza tra i servizi segreti statali e i fascisti che piazzarono le bombe. Un disegno politico oscuro e manovratore che punta sempre il dito contro chi lotta, contro le voci di dissenso a questo sistema, facendo cadere la colpa di quella strage voluta dallo Stato su gli anarchici, così da permettere a gli assassini in divisa dello Stato di defenestrare Giuseppe Pinelli e imprigionare Pietro Valpreda, ennesime vittime della repressione statale nei confronti degli anarchici.
Tutto questo fu frutto di una strategia della tensione usata dallo Stato in quegli anni, e che continua a essere usata oggi in forme diverse. Oggi la repressione e la strategia della tensione, usata per lo più in forma mediatica dalla Stato e attuata in forma repressiva con le leggi liberticide, colpisce ancora chi lotta e chi fa sentire la voce di dissenso politico verso un sistema, quello del capitalismo bieco sfruttatore e dello Stato sua sovrastruttura costruito per difendere gli interessi della classe dominante, che distrugge ogni forma di felicità e di serenità nella vita dell'uomo.
Oggi chi fa della lotta antifascista e antiautoritaria un obbiettivo della sua azione politica viene tacciato come sovversivo, rinchiuso e torturato come succedeva nell'oscuro periodo noto come ventennio fascista.
I fascisti protetti dallo Stato perché manovali per i lavori sporchi dei poteri forti, sono oggi al governo sotto mentite spoglie e hanno il pieno potere di promulgare leggi razziste, omofobe e liberticide che privano anche della libertà basilare, come la libertà di culto e la libertà di potere esprimere il proprio pensiero, che devono essere garantite all'uomo.
Con la strategia della tensione mediatica si alimenta la mentalità di stampo razzista e si taccia l'immigrato come un nemico che ti viene a sottrarre lavoro, tutto questo per occultate chi sono i veri nemici della libertà ovvero i padroni e chi per loro fa le leggi e i loro interessi.
I lavoratori sempre più sfruttati vengono repressi duramente quando protestano per ottenere condizioni quantomeno decenti, e questa è l'ennesima prova che gli apparati repressivi, i massacratori in divisa dello Stato, hanno il compito di proteggere gli interessi dei padroni anche a costo di massacrare donne e bambini presenti in mezzo alla folla durante le contestazioni.
Agli studenti non permettono neanche di respirare. Sottraggono con il disegno politico di smantellamento del diritto d'istruzione pubblica che è in atto e che procede da anni con diversi governi, tanto di centrodestra che di centrosinistra, la libertà del sapere e anche il minimo diritto che consisteva nella scuola pubblica garantita a tutti.
Questo avviene perché un popolo ignorante è più facilmente governabile, quando gli studenti scendono in piazza e protestano contro le misure prese dal governo vengono, per tutta risposta, duramente repressi con cariche, arresti e denunce.
La strumentalizzazione delle lotte di certe correnti, come quella che si attribuisce il nome di "Studenti in movimento", contribuiscono il fomentare dei pensieri di stampo fascista e non fanno altro che portare acqua al mulino di quelle organizzazione fasciste che in realtà sono oggi al governo con quei partiti e quei ministri che stanno applicando lo smantellamento del diritto all'istruzione, fanno dunque un doppio gioco, e si pongono obbiettivi falsi, senza obbiettivi reali.
Tutto fa parte di un disegno repressivo e di una strategia di tensione oggi più che mai usata dallo Stato per tenere in piedi questo sistema di repressione, un sistema che garantisce il benessere dei pochi potenti sulle spalle dei molti sfruttati.
Disegno che punta alla strisciante costruzione del moderno fascismo, costruito con il controllo mediatico delle menti del popolo, e con la repressione costante di ogni protesta, dissenso, pensieri e movimenti non in linea con il pensiero unico promulgato dal governo.
Bisogna rilanciare le lotte e lavorare affinché le pratiche di lotta siano indirizzate nella maniera più libertaria possibile. Dobbiamo lavorare tutti in direzione di una nuova società che sia più libera, più giusta, più equa e più umana.

Roberto per la Sezione "Delo Truda" FdCA – Palermo

Dossier sul nucleare.

Capitolo 2 - L’irrisolto problema delle scorie.

Nel precedente capitolo abbiamo trattato dell’assurdità economica del ritorno al nucleare. Ossia, dell’assurdità economica per le tasche dei contribuenti italiani ma anche degli enormi guadagni per la lobby economica che ne sostiene l’indispensabilità.
In questo capitolo parleremo del problema dello smaltimento e dello stoccaggio delle scorie radioattive, cioè di tutti quei rifiuti che provengono dall’attività nucleare, dal combustibile esausto ai materiali che hanno fatto parte di un impianto ormai vecchio e che deve essere smantellato.
Il problema dello smaltimento e della gestione delle scorie nucleari, oltre a rappresentare un enorme impiego energetico in risorse umane e tecnologiche, rappresenta un grave onere ambientale, perché ancora oggi, al di la di provvedimenti tecnico-geografici palliativi e di espedienti temporanei, non si hanno ancora soluzioni definitive e soddisfacenti dal punto di vista della sicurezza ambientale.
Molte scorie nucleari hanno tempi di decadimento radioattivo di migliaia di anni, alcune fino a centinaia di migliaia di anni. Tralasciando la descrizione dettagliata degli effetti che hanno gli elevati livelli di radiazione sugli esseri viventi, tutti sappiamo almeno per sommi capi, quanto possano essere devastanti per qualsiasi essere vivente. L’esposizione, anche per brevi periodi, a forti dosi radioattive, può comportare l’insorgere di malattie devastanti, quali leucemie, linfomi, tumori a vari organi del corpo umano, fino alle più subdole mutazioni genetiche, di cui non ci si accorge all’istante, ma che possono essere trasmesse alle generazioni future.
Un grande e grave problema legato all’energia nucleare è quello quindi di metter in sicurezza le scorie nucleari in maniera tale che non nuocciano alla popolazione. Ad oggi questo problema primario non è ancora stato risolto ed ogni anno è di circa 10.000 tonnellate la quantità di scorie prodotte dall’attività delle centrali. 270.000 tonnellate circa erano quelle accumulate fino al 2006, quindi a fine 2009 arriveremo a circa 300.000 tonnellate di scorie radioattive a cui ancora non hanno trovato una sistemazione sicura. E se il numero delle centrali aumenterà è matematico che tali quantità sono destinate a crescere molto più rapidamente.
Ma dove verranno stoccate tutte queste scorie se nessuno ha trovato una soluzione definitiva a questo atavico problema?
Pare infatti che in tutto il mondo sia stato identificato soltanto un sito "sicuro" per ospitare in profondità le scorie (in un cosiddetto deposito geologico) per migliaia di anni. Si trova in una zona del Nevada (Usa) e ha richiesto oltre 25 anni di ricerche, e solo per gli studi preliminari del terreno e per il progetto sono stati spesi circa 7 miliardi di dollari. Pare che questa operazione di messa in sicurezza delle scorie nucleari costerà agli Stati Uniti circa 110 miliardi di dollari (al valore 1996). Il sito verrà costruito al di sotto della Yucca Mountain, a circa 160 km da Las Vegas e nelle immediate vicinanze del Nevada Test Site dove fino a pochi anni fa venivano effettuati i test nucleari. In alcune cavità naturali della montagna dovrebbero essere conservate circa 70.000 tonnellate di scorie sigillate in contenitori a tenuta. Si tratta di un'operazione enormemente complessa e pericolosa: il materiale verrà trasferito dai 131 depositi "provvisori" attualmente attivi con 4.600 viaggi via treno o autocarro che dovranno attraversare 44 Stati con i relativi rischi di incidente. Le difficoltà sono talmente elevate che il progetto non ha ancora preso il via. E torniamo quindi alla domanda di partenza.
Per capire quanto siano incerte le conoscenze fisiche sullo stoccaggio di scorie in depositi geologici e quanto questo sia problematico, vi è in proposito una sperimentazione eseguita da un ricercatore ucraino di nome Vladimir Dubinko.
Dubinko ha fatto vedere i suoi risultati sperimentali sullo stoccaggio delle scorie radioattive dentro le "formazioni saline". Il famoso sito di stoccaggio di Scansano Jonico, individuato dalla Sogin alcuni anni fa è di questo tipo. L'idea che ha inizialmente fatto scegliere questo sito è che esso sia geologicamente stabile da tempi geologici, pertanto un buon posto per immagazzinare le scorie radioattive. Dubinko però ha scoperto un problema. Ha visto che esponendo il salgemma (NaCl) alle radiazioni, si formano delle bolle di cloro all'interno della struttura. Queste bolle indeboliscono il solido e alla fine lo fanno letteralmente esplodere. E' un fenomeno abbastanza noto nella scienza dei materiali, avviene anche in minerali silicei quando all’interno contengono delle minuscole inclusioni di carbonato di calcio che, scaldando, rilasciano repentinamente CO2 gassoso. Dubinko l'ha visto succedere con il salgemma irradiato, ma non solo; anche su altre rocce in teoria resistenti, come il granito.
Quindi il problema dello stoccaggio di scorie nucleari rimane un fatto molto serio, ma soprattutto irrisolto, anche nel nostro paese.
In Europa i principali centri di stoccaggio di scorie nucleari sono a Le Hague (Francia), Sellafield (Gran Bretagna), Oskarshamn (Svezia) e Olkiluoto (Finlandia).
Questi hanno però natura temporanea in quanto devono rispondere a criteri di reversibilità nella scelta, proprio perché non si conoscono le conseguenze legate allo stoccaggio delle scorie radioattive nel tempo, rendendo così possibile un loro futuro trasferimento in altri luoghi.
Nel caso dei siti geologici questo non sarebbe possibile, i materiali ospitati in cavità sotterranee dovranno re- starci definitivamente anche nel caso in cui la scelta del sito si riveli sbagliata.
Anche parte delle scorie del nucleare italiano sono contenute in questi centri temporanei, ovviamente con costi notevoli, mentre una buona parte è contenuta ancora nei vecchi impianti non più funzionanti.
In Italia sono 4 le centrali dismesse dopo il referendum del 1987, localizzate a Trino (Vercelli), Caorso (Pia- cenza), Latina e Garigliano (Caserta), più una serie di centri di ricerca e sperimentazione e alcuni centri di trattamento del combustibile. Tutti questi impianti sono ancora oggi in fase di smantellamento. Come già accennato, la proprietà e le responsabilità relative alla gestione e al decommissioning sono affidate a Sogin, società pubblica appositamente costituita nel 1999.
La centrale nucleare Enrico Fermi di Trino costituì la prima iniziativa industriale avviata in Italia in campo nucleare. I lavori di costruzione iniziarono nel 1961 e il 22 ottobre 1964 iniziò ad immettere elettricità in rete. La centrale di Caorso è la più recente e la più grande delle centrali nucleari realizzate in Italia. Il reattore di Caorso ha iniziato le sue reazioni di fissione nel dicembre 1977 e il primo collegamento con la rete nazionale è stato effettuato il 23 maggio 1978. La centrale di Latina fu la prima centrale nucleare ad entrare in funzione in Italia, con inizio di immissione di elettricità nella rete nazionale il 12 maggio 1963. La centrale del Garigliano appartiene alla prima generazione degli impianti nucleari e fu fermata dall’Enel nel 1981 per evidenti problemi di sicurezza. L'impianto Eurex di Saluggia (Vercelli), realizzato nel periodo 1965-1970, aveva come obiettivo il riprocessamento dei combustibili dei reattori di ricerca della comunità europea. A partire dal 1984 l'impianto di riprocessamento non ha più funzionato.
Il deposito Avogadro di Saluggia (Vercelli) realizzato da Fiat alla fine degli anni ‘50 come reattore nucleare sperimentale, è stato successivamente trasformato nell'anno 1984 in deposito per combustibile irraggiato di proprietà Enel. L'impianto di Bosco Marengo (Alessandria) ha operato dal 1973, fabbricando combustibili per le centrali nucleari italiane e anche per reattori esteri. Da Bosco Marengo, altro sito piemontese gestito da Sogin, è partito di recente il terzo ed ultimo carico di uranio presente nell'ex impianto nucleare, con destinazione Kazakistan. L'impianto Itrec di Rotondella (Matera), impianto di trattamento del combustibile, realizzato nel periodo 1965-1975, aveva come obiettivo la dimostrazione della fattibilità della chiusura del ciclo uranio-torio, con il riprocessamento del combustibile irraggiato.
In un rapporto Sogin, finalizzato alla ricerca in Italia di un sito geologico idoneo a contenere scorie nucleari, rapporto in cui venne individuato Scansano Jonico (Matera), si faceva l’inventario dei rifiuti nucleari di III categoria presenti e/o prodotti in Italia che devono essere stoccati definitivamente in un deposito geologico (secondo l’APAT, Agenzia governativa per la Protezione dell'Ambiente e per i Servizi Tecnici, sono rifiuti nucleari di III categoria quelli che hanno tempi di decadimento lunghissimi, svariate migliaia di anni).
Secondo questo inventario, l’elenco dei rifiuti radioattivi di III categoria da conferire al deposito definitivo comprende:
– Il combustibile irraggiato presente sul territorio nazionale e non inviato al riprocessamento;
– Il combustibile irraggiato di proprietà italiana provvisoriamente stoccato all’estero;
– I rifiuti ad alta attività vetrificati che dovranno tornare in Italia a seguito del riprocessamento in Inghilterra (BNFL, Sellafield) del combustibile irraggiato delle centrali nucleari italiane;
– I rifiuti di III categoria derivanti dal passato esercizio degli impianti nucleari italiani;
– I rifiuti di III categoria che saranno prodotti dalle operazioni di decontaminazione e smantellamento degli impianti nucleari.
A questo inventario si deve aggiungere la quota di proprietà SOGIN del combustibile, attualmente stoccata in Francia presso la centrale SUPER-PHENIX di Creys-Malville, pari a 121 elementi di combustibile al plutonio (MOX - ossido misto di plutonio e uranio) irraggiati, per un totale di circa 62 T/HM.
Invece tutto il combustibile di Garigliano e Latina è stato già rimosso dagli impianti. In particolare:
– Il combustibile di Garigliano è stato trasferito, anni fa, in parte all’impianto di riprocessamento di Sellafield (UK) della BNFL (British Nuclear Fuels: compagnia proprietaria della centrale di Sellafield in Gran Bretagna) ed in parte nel deposito realizzato nella piscina dell’ex reattore Avogadro Saluggia (Vercelli). Di tale combustibile è previsto l’invio a Sellafield per il ripromessamento, nel quadro di un programma di trasporti avviato il 6 aprile 2003 e di cui era previsto il completamento nel 2005.
– Tutto il combustibile irraggiato proveniente dalla centrale di Latina è stato inviato al riprocessamento (Sellafield, BNFL) perché la sua particolare natura non ne consente lo stoccaggio a lungo termine.
Per il combustibile irraggiato attualmente presente nelle piscine degli impianti di Trino, Caorso e Saluggia (ad eccezione del quantitativo di combustibile del Garigliano da inviare al riprocessamento, come appena detto), in attesa della disponibilità del deposito nazionale validato anche per la III categoria, si procederà allo stoccaggio a secco in apposite strutture da realizzare presso gli attuali siti di deposito temporaneo.
Questo combustibile verrà sigillato in contenitori schermanti adatti sia allo stoccaggio sia al successivo trasporto al tanto sospirato deposito nazionale (cask “dual purpose”).
Anche per i combustibili irraggiati presenti nei centri di Ispra, Casaccia e Trisaia è previsto lo stoccaggio a secco in cask dual purpose collocati temporaneamente negli stessi siti. Per quanto riguarda il combustibile irraggiato Superphénix, si prevede di mantenere lo stoccaggio del combustibile presso l’Impianto di Creys Malville, in Francia, fino a quando non sarà disponibile in Italia il sempre più sospirato deposito nazionale; ciò consentirà, secondo Sogin, il trasporto diretto dalla centrale di Creys-Malville al deposito nazionale, evitando di realizzare apposite strutture di stoccaggio intermedio in Italia.
A tutti questi quantitativi si devono poi aggiungere quei rifiuti riprocessati fuori Italia e che sono stati o vetrificati o cementati.
Si tratta quindi di circa 10.000 mc di materiale radioattivo. Un volume mortifero grande come un grattacielo con base di 100 metri quadrati e alto più di 30 piani.
I costi per la gestione delle scorie sono enormi; depositi definitivi adatti a conservare in sicurezza le scorie per migliaia di anni non se ne trovano e le comunità locali sono sempre più agguerrite. Un vero rompicapo per i faccendieri dell’atomo. Come Stati e imprenditori cercano di risolvere il problema lo vedremo nel prossimo capitolo.

Zatarra

Piazza Fontana 1969 - 2009.

LO STATO UCCIDE

Quarant'anni fa, lo stato italiano inaugurava la “strategia della tensione” una stagione terroristica scandita da attentati e stragi per spargere paura e insicurezza in tutto il paese, stroncare le lotte e le mobilitazioni che in quegli anni attraversavano la società, giustificare la repressione nei confronti di ogni opposizione sociale.

Della bomba di piazza Fontana, esplosa il 12 dicembre del 1969, furono ingiustamente accusati gli anarchici. Tre giorni dopo, al termine di uno sfiancante interrogatorio, l'anarchico Pinelli veniva scaraventato innocente da una finestra dell'ufficio del commissario Calabresi, nella questura di Milano.

Dopo quarant'anni di insabbiamenti e depistaggi, la verità che subito era stata indicata dai movimenti di allora rimane ancora oggi l'unica certezza inconfutabile: si trattò di una strage di stato alla quale contribuì la manovalanza fascista, naturalmente interessata a una svolta autoritaria del paese voluta dai vertici delle istituzioni.

Oggi, l'Italia vive tempi terribili: la classe politica attacca quotidianamente i diritti dei lavoratori, l'autoritarismo si esprime nella sistematica repressione del dissenso e nella criminalizzazione dei soggetti più deboli (immigrati e poveri), il razzismo dilaga dal ventre del corpo sociale fino all'applicazione di leggi che ledono i diritti umani, nelle carceri e per le strade si muore ammazzati dai tutori dell'ordine, i fascisti imperversano con il loro carico di odio e violenza godendo, come sempre, di adeguate coperture.

Se le donne e gli uomini di questo paese non alzeranno la testa contro le quotidiane sopraffazioni del potere della classe politica dominante, l'Italia continuerà a essere ostaggio della criminalità di una classe dirigente corrotta e impresentabile che utilizza sempre gli stessi strumenti: il ricatto, la paura, lo sfruttamento, la violenza.
Non bisogna cedere alla rassegnazione. Bisogna difendere metro per metro gli spazi di agibilità, bisogna rilanciare le lotte per riconquistare diritti e libertà.
Bisogna ridare speranza al paese: ecco perché ricordare piazza Fontana significa guardare al futuro.

Palermo è Antifascista

f.cp.i.